December 30 , 2016:
by Andrea Cau
Per capire l’origine dei dinosauri, occorre prima definirli. Una volta stabilito cosa siano i dinosauri, si dispone del criterio per riconoscerli e si può cercare nel record fossile (l’insieme delle tracce fossili conservate nelle rocce) le prove della loro origine. Nelle scienze naturali, sono stati definiti vari “livelli di organizzazione”, che spaziano come dimensioni e complessità dalle molecole organiche fino all’intero sistema di tutte le forme di vita del pianeta. Nell’ambito dei fossili, studiato dalla paleontologia, questi livelli hanno lasciato tracce differenti e con differenti gradi di preservazione. Per chi voglia capire i dinosauri, i livelli di organizzazione più importanti sono l’individuo e il clade. Un individuo è, molto intuitivamente, un singolo esemplare che possa essere considerato distinto da altri individui di forma e dimensione simile, e che è formato da una o più cellule organizzate. In generale, ogni individuo è diagnosticabile, ovvero, può essere descritto come un insieme di caratteristiche (nella maggior parte dei casi, caratteristiche anatomiche) che permette di distinguerlo da altri individui. Badate bene che la diagnosi, questa lista di caratteristiche, non è sufficiente a definire un individuo: due gemelli hanno identica diagnosi, ma sono chiaramente due individui distinti. Il motivo per cui due gemelli, pur avendo diagnosi identica, sono due individui distinti, è legato all’altro fattore chiave per capire i livelli di organizzazione vivente: la storia. Due gemelli, pur avendo diagnosi identiche, hanno storie distinte, quindi sono due individui e non un singolo. In effetti, due gemelli si possono considerare la forma più semplice dell’altro livello di organizzazione che occorre conoscere per capire i dinosauri: il clade. Un clade è un insieme di individui che sono legati tra loro da rapporti genealogici. Ad esempio, una coppia di gemelli (identici) discende dalla medesima cellula uovo fecondata. Una serie di fratelli è un altro tipo di clade: l’insieme dei discendenti diretti di una coppia originaria. Ed anche una rimpatriata di cugini è un clade: l’insieme dei discendenti di una coppia di nonni. Anche un clade, come un singolo individuo, è diagnosticabile, ad esempio elencando le caratteristiche condivise tra tutti gli individui che formano quel clade. Intuitivamente, si potrebbe quindi concludere che i dinosauri siano un clade (un insieme di individui imparentati tra loro) e che condividono una serie di caratteristiche che li differenziano da altri insiemi di individui. Questo approccio è sicuramente corretto, ma non sufficiente, e difatti non è quello che si usa per definire i dinosauri. Non è un caso che ho chiamato questo approccio “diagnosi” e non “definizione”. Per definire i dinosauri (ed in generale, ogni clade), occorre rifarsi all’altro fattore chiave: la storia. Il motivo per cui non conviene usare una diagnosi per definire un gruppo di esseri viventi è che un gruppo naturale molto ampio e variegato, come sono i dinosauri, è difficile da diagnosticare con una serie di caratteri che siano evidenti e presenti in tutti i potenziali membri di quel gruppo. In Natura, quasi mai tutti i membri di un gruppo condividono tutte le caratteristiche ritenute “diagnostiche” di quel gruppo (le eccezioni sono la regola), e spesso – qualora siano effettivamente disponibili delle caratteristiche “chiave” – questi caratteri non hanno lasciato tracce fossili, e quindi sono inutili al paleontologo. Ad esempio, tutti i mammiferi sono diagnosticati, tra gli altri caratteri, dalla presenza di ghiandole mammarie. Purtroppo, queste ghiandole, essendo formate da tessuto molle, non fossilizzano (ed anche se fossilizzassero, ciò accadrebbe solamente in condizioni molto rare ed eccezionali). Usare la presenza di ghiandole mammarie per identificare un mammifero fossile è quindi impossibile. Si potrebbe quindi optare per qualche carattere che fossilizza facilmente, ad esempio qualche caratteristica dei denti, ma ciò genera più problemi di quanti ne risolva. I denti dei mammiferi non sono tutti uguali, sia all’interno della bocca del medesimo individuo sia tra individui distinti: come possiamo usare qualcosa che varia con tanta facilità come criterio per identificare tutti i mammiferi? Ad esempio, potremmo diagnosticare i mammiferi come tutti quegli animali che hanno una dentatura complessa formata da incisivi, canini, premolari e molari. La proposta può apparire sensata, peccato che, usando questo criterio, un delfino (un mammifero) non risulterebbe essere un mammifero, dato che i suoi denti sono tutti uguali, di forma conica. Possiamo escludere i delfini dai mammiferi a causa della loro dentatura? Ovviamente, no. Siccome “sappiamo” che il delfino è un mammifero perché presenta numerose altre caratteristiche comuni ai mammiferi (come le ghiandole mammarie), allora dobbiamo concludere che la sola presenza di una dentatura con incisivi, canini, premolari e molari non è condizione necessaria per identificare un mammifero. Ovvero, il criterio che volevamo usare per definire un mammifero fossile è invalidato già solamente con i mammiferi viventi. Questa trappola logica avviene continuamente e con qualsiasi carattere si voglia usare per diagnosticare un grande clade che comprende forme fossili: tanto più il clade è ampio e variegato, tanto meno è probabile che esista un qualche carattere che sia condiviso da tutti i suoi membri.
L’origine di questo problema è la stessa causa che ha prodotto il clade: l’evoluzione. L’evoluzione, in base alla teoria darwiniana, è discendenza con modificazione, ovvero, l’origine di individui discendenti che sono modificati rispetto ai loro antenati. Tali modificazioni, qualora coinvolgano caratteristiche “diagnostiche” del clade, non portano i discendenti fuori dal clade (per definizione, non si può mai uscire dal clade di appartenenza), ma rendono comunque quel carattere non più utile per identificare tutti i membri di quel gruppo.
Come uscire da questo paradosso, e come trovare un criterio utile per identificare i membri di un clade?
Come ho accennato prima, la soluzione sta nell’abbandonare la diagnosi come criterio di identificazione ed usare un approccio storico: un clade è definito non da caratteristiche diagnostiche, ma da rapporti genealogici, ovvero, da legami storici. Per comprendere la logica di questo approccio, torniamo all’esempio dei mammiferi e introduciamo un altro concetto chiave della teoria darwiniana: la discendenza comune.
Il concetto di discendenza comune è molto semplice, ma potentissimo e radicale: data una qualsiasi coppia di individui viventi sulla Terra, ne consegue che deve essere esistito nel passato (più o meno remoto) almeno un altro individuo che è un antenato di quei due individui. Ad esempio, in base a questo concetto, nel passato (più o meno remoto) deve essere esistito almeno un essere umano che sia contemporaneamente un antenato sia mio che tuo (Nota 1: caro lettore, presumo che anche tu sia un essere umano). Non importa quanti secoli fa sia vissuto, il fatto stesso che entrambi siamo esseri viventi sancisce automaticamente che nel passato deve essere esistito almeno un altro individuo il quale è un nostro antenato comune (Nota 2: caro lettore, se è valida la nota 1, allora presumibilmente, anche quel individuo era un essere umano). Questo criterio non è ristretto solamente ai membri della stessa specie (qualsiasi cosa sia “una specie”), ma a qualunque insieme di esseri viventi. Ad esempio, tu ed il tuo gatto condividete almeno un antenato comune. Ed anche il tuo gatto e il piccione che sta fissando dalla finestra, in quanto coppia di esseri viventi, hanno in comune un qualche antenato vissuto nel remoto passato. E lo stesso vale per l’insieme formato da me, te, il tuo gatto, ed il piccione. Non importa quanto differenti siano due o più esseri viventi, la teoria darwiniana predice che nel passato deve essere esistito almeno un loro antenato comune. Finora, questo concetto non è stato smentito da alcuna scoperta. Non esistono, a quanto sappiamo, forme “viventi” che non si possano considerare più o meno direttamente nostri parenti (ovvero, condividano con noi qualche antenato).
Perché il concetto di discendenza comune permette di definire i cladi, ad esempio, quello dei mammiferi? In base al concetto di discendenza comune, io so che, ad esempio, tu ed un ornitorinco dovete avere almeno un antenato comune. In realtà, avete moltissimi antenati comuni, dato che per ogni antenato comune che identifichiamo, tutti gli antenati di quel antenato sono automaticamente anche vostri antenati. Siccome la lista degli antenati potenziali è lunghissima, si segue la convenzione di scegliere come “antenato utile” il più recente, ovvero, quello che ha generato come discendenti almeno due figli, uno dei quali è ancora tuo antenato ma non è più antenato dell’ornitorinco, ed un altro figlio che è ancora antenato dell’ornitorinco ma non è più tuo antenato. Qui la faccenda si complica, ed è bene usare un esempio letteralmente familiare.
Tuo nonno è un tuo antenato (è l’antenato del tuo antenato paterno). Egli è anche antenato di tuo cugino (è l’antenato dell’antenato paterno di tuo cugino). Tuo padre è figlio di tuo nonno, ed è anche un tuo antenato. Tuttavia, tuo padre non è antenato di tuo cugino (egli è figlio di un altro dei figli di tuo nonno, non di quel figlio che è anche tuo padre). Pertanto, mentre sia tuo padre che tuo nonno sono tuoi antenati, solo tuo nonno è anche antenato di tuo cugino. Notare che anche il tuo bisnonno è anche antenato di tuo cugino, oltre che di tuo nonno (e di tuo padre). Siccome tuo padre non è antenato di tuo cugino, tuo nonno è il più recente tuo antenato che sia contemporaneamente anche un antenato di tuo cugino. In breve, tuo nonno è il momento della tua storia evolutiva in cui la storia evolutiva di tuo cugino si separa dalla tua. Tradotto in termini storici, la tua storia evolutiva coincide per grandissima parte con quella di tuo cugino: dalle origini della vita fino alla nascita di tuo nonno esse sono una storia sola, poi, le due storie si separano: la tua arriva a te passando per tuo padre, quella di tuo cugino passando per tuo zio. Immaginiamo ora che tu abbia il cognome “Rossi”. E supponiamo di scoprire che il primo dei tuoi antenati ad aver portato il tuo cognome (“Rossi”) è stato proprio tuo nonno Mario, e che prima di lui la famiglia portava un cognome differente (“Bianchi”). Possiamo allora definire i Rossi come “l’insieme formato da Mario Rossi e da tutti i suoi discendenti”. Non occorre sapere se i Rossi sono biondi, alti, coi baffi, residenti in Francia o di professione architetti (caratteri che forse sono diagnostici dei Rossi), l’unico criterio per sapere se una persona è un Rossi è stabilire se è discendente di Mario Rossi. Se lo è, se Mario è un suo antenato, allora quella persona è un Rossi. Se Mario non è nella lista degli antenati di quella persona, quella persona non è un Rossi.
Torniamo all’esempio dei mammiferi. Come possiamo definire questo gruppo, senza dover ricorrere ad una lista di caratteristiche che potrebbe risultare inutile per i fossili? Prendiamo due mammiferi odierni molto diversi tra loro: ad esempio, l’uomo e l’ornitorinco. Per il principio della discendenza comune, la coppia “uomo ed ornitorinco” implica che nel passato (più o meno remoto) sia esistito un animale che è antenato comune di uomo e ornitorinco. Ovviamente, questo animale non era né un uomo né un ornitorinco, ma sicuramente era un mammifero. Anzi, stabiliamo che quel antico mammifero sia l’equivalente di Mario Rossi del nostro esempio, ovvero, definiamo i mammiferi come tutti i discendenti di quel antico animale. Se un terzo animale risulta discendente da quel “Mario Rossi mammaliano”, allora è anche esso un mammifero. Se non discende da quel animale, allora non è un mammifero.
Non più di un lettore, a questo punto, troverà questa definizione di mammifero come una forzatura arbitraria. Tuttavia, qualsiasi definizione è sempre un arbitrio creato dall’uomo per le proprie esigenze. Esattamente come il confine tra Italia ed Austria è una convenzione dell’uomo (non esiste alcuna discontinuità naturale tra le due nazioni che permetta di stabilire in modo non-arbitrario il passaggio da una all'altra), allo stesso modo le definizioni tassonomiche sono arbitrarie. Ma ciò non implica che siano inutili. Innanzitutto, sebbene sia arbitrario chiamare quel particolare gruppo di individui col nome di “mammiferi”, il clade formato da quegli individui è naturale e reale. Deve essere esistito almeno un antenato comune di uomo ed ornitorinco, ed è reale il clade che si è generato da quel antenato: anche nel caso fosse formato solo dalla specie umana e dagli ornitorinchi, quel clade sarebbe comunque una realtà biologica. Questo approccio è definito “tassonomia filogenetica”, e si propone di definire i cladi solamente su basi genealogiche, esattamente come il cognome delle persone non è legato a caratteristiche fisiche particolari, ma solo alla appartenenza ad una linea genealogica. Il pregio di questo approccio è che qualora l’oggetto in questione cambi nel tempo (ovvero, evolva e modifichi le proprie caratteristiche), l’appartenenza ad un gruppo non è vincolata a qualche caratteristica particolare che potrebbe scomparire nel tempo.
Immaginiamo un esempio paradossale: si definisce una persona in base alle sue caratteristiche anatomiche così come appaiono alla nascita. In base a questo criterio, dovremmo continuamente cambiare nome alla persona mano a mano che questa cresce e cambia aspetto. Ovviamente, nessuno userebbe questo criterio, dato che sarebbe poco utile. Allo stesso modo, un clade definito filogeneticamente non è vincolato a particolari caratteristiche anatomiche, e quindi non deve essere ridefinito o abbandonato qualora uno o più membri di quel clade modifichino o perdano le caratteristiche usate in origine per definire quel clade.
Una volta introdotto il concetto di clade e di definizione filogenetica, quale è la definizione dei dinosauri, ovvero, cosa definisce lo “status di dinosauro”? Dato che qualsiasi clade ha uguale status di qualunque altro, i dinosauri potrebbero essere definiti in moltissimi modi alternativi. Uno potrebbe proporre una definizione che include i rettili volanti (pterosauri) e molti rettili marini (ad esempio, gli ittiosauri) dentro il gruppo dei dinosauri. Nulla vieterebbe l’uso di queste definizioni, e forse il pubblico generico preferirebbe vedere la parola “dinosauro” associata senza troppe complicazioni alla maggioranza dei famosi rettili “della preistoria”. Tuttavia, la definizione di dinosauro deve rispettare una serie di criteri che siano il meno possibile in contraddizione con l’uso che, in oltre 150 anni, ha portato i paleontologi ad conservare la parola “dinosauro”. Di conseguenza, la definizione filogenetica di dinosauro è stata “ancorata” alla prima pubblicazione in cui la parola Dinosauria è stata introdotta. Tra il 1841 e 1842, il naturalista Richard Owen propose di usare il nome “dinosauro” per un gruppo di rettili fossili scoperti in quegli anni. Nella proposta iniziale di Owen, questi rettili erano tre: Megalosaurus, Iguanodon e Hylaeosaurus. Altri fossili, che oggi classifichiamo come dinosauri, erano noti allora, ma non furono considerati come dinosauri nella originaria intenzione di Owen. Ad esempio, Plateosaurus. Essi sono stati inclusi nei dinosauri solo in seguito. Pertanto, in accordo con la proposta originaria di Owen, oggi si segue la convenzione di considerare un dinosauro ogni appartenente al clade che include i tre “dinosauri fondatori” inclusi nella lista originaria di Owen. Pertanto, Dinosauria è il clade formato da Megalosaurus, Iguanodon e Hylaeosaurus: tradotto in termini filogenetici, significa che qualsiasi animale che discenda dal più recente antenato comune di Megalosaurus, Iguanodon e Hylaeosaurus è anche esso un dinosauro. Per quanto arbitraria (e, ripeto, qualsiasi definizione che associ un nome ad un gruppo di esseri viventi è arbitraria: ciò che conta è la sua utilità nel discorso scientifico), questa definizione ha il pregio di permettere automaticamente di identificare un dinosauro. Infatti, è sufficiente dimostrare che il vostro fossile è più strettamente imparentato con Megalosaurus, Iguanodon o Hylaeosaurus rispetto a qualsiasi altro animale noto, ed automaticamente avete un dinosauro. A parole è semplice, sul piano pratico occorre svolgere una procedura, chiamata “analisi filogenetica”, che ha come risultato la collocazione del vostro fossile all’interno di un sistema di relazioni, le quali non sono altro che i legami genealogici tra le forme di vita che più sono simili morfologicamente al vostro fossile.
http://theropoda.blogspot.ru/2016/12/lorigine-dei-dinosauri-parte-1.html
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